Valutazione chirurgo plastico: quando la psicologia pesa sull’intervento
Gli interventi di chirurgia plastica portano con sé non solo emozioni legate alle aspettative dei risultati quanto anche dubbi, incertezze, perplessità non prettamente e solo psicologiche quanto anche di natura tecnica relativamente le modalità d’intervento, i rischi, effetti collaterali, precauzioni da dover prendere nel corso del tempo; il tutto tempestando il chirurgo plastico di domande e quesiti durante la fase conoscitiva nei quali non mancano né frasi ricorrenti che novità assolute.
La fase della conoscenza iniziale, il primo incontro tra cliente e chirurgo è infatti un processo tanto rapido e spesso inosservato quanto anche fondamentale e primario non solo per poter stabilire il target dei risultati che s’intende raggiungere, formalizzando elementi come spesa, numero di operazioni se necessario e persino di sedute di follow-up nel tempo, quanto soprattutto le peculiarità della personalità del soggetto richiedente l’intervento estetico.
I motivi tali da rendere questo processo tanto importante per il chirurgo plastico risiedono nella necessità di dover comprendere lo status psicologico andando a valutare se le richieste possano combaciare non solo su quello che è tecnicamente possibile in termini di spesa, tempo ed interventistica, quanto anche rispetto la capacitò personale di reggere il cambiamento fisico e tutto ciò che vi comparta, oltre che evitare eventuali squilibri psico-attitudinali capaci di trasformare un approccio estetico generalmente utile per conseguire un benessere personale verso invece un danno pronto ad alterare un equilibrio capace d’indurre in malattia il soggetto.
E’ il caso delle mastoplastiche additive che negli anni pare essersi dimostrate lesive nei confronti di giovani donne praticamente alla ricerca di qualcosa – relativamente la visione e la percezione che si ha di se stessi in società – del tutto non legato all’intervento in sé bensì al pensiero che questi ultimo potessero fornire miglioramenti indiretti psicologici sulla propria sicurezza o sul modo che gli altri hanno d’interagire con gli altri. Il chirurgo plastico, durante la fase conoscitiva, deve infatti valutare con estrema cautela l’eventuale appropriatezza terapeutica.
Non sempre infatti la richiesta corrisponde ad un reale bisogno né tantomeno il soggetto, ove anche mostrasse una certa necessità, è da sottintendere come realmente capace di comprendere il peso di un cambiamento così radicale qual è quello fornito da un intervento di chirurgia estetica, costringendo il chirurgo plastico a dover vagliare altre opzioni oppure dissentire dalle idee del cliente che seppur tale non può chiaramente imporre il proprio volere anteponendo i suoi desideri dinanzi la valutazione psico-attitudinali effettuata dal professionista.
Il chirurgo in tale fase deve quindi ascoltare le domande effettuate e prestare una certa attenzione a tutta una serie di fattori che possono risultare primari al fine d’indentificare eventuali problemi notoriamente non inclusi nel fascicolo sanitario prima di poter porre il veto su di un pia no interventistico mai così semplice come appare, nonostante la grane maggioranza degli interventi effettuati risultano di normale amministrazione e presentano una possibilità di rischi particolarmente ridotta oltre che nel numero anche nella percentuale, grazie agli avanzamenti della ricerca che però presuppone sempre la presenza dell’occhio e dell’esperienza del professionista in tali casi.
Autore: ciro
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